BIOGRAFIA

Biagio Panico nasce il 17/4/1963 ad Andrano, in provincia di Lecce.
Sin da giovane è sempre stato appassionato, seppur amatorialmente, alle tradizioni della sua terra.
Molto presto, all’età di vent’anni, inizia a lavorare in una radio locale, Radio Salento Popolare, che fra l’altro, trasmette quotidianamente una rubrica di musica tradizionale curata da Biagio stesso.
Tutto ciò a cavallo fra i ’70 e gli ‘80 nel periodo nel quale la musica rock e pop la facevano ormai da padrone.
Nell’ormai lontano 1986 conosce Ada Metafune, la donna che diverrà sua compagna di vita, grazie alla quale si avvicina a Torrepaduli, piccola frazione cuore e punto d’origine delle tradizioni salentine, nella quale Ada è nata. Qui inizia a vivere la trasportante esperienza della Notte di San Rocco, in cui gente da tutta la provincia si reca per prendere parte a ronde spontanee di Pizzica e ad onorare il Santo.
Di pari passo crescono così il l’amore per questa cultura e l’idea di costruirvi attorno una vera e propria professione. Tale passo si compie a cavallo fra gli anni ‘87-’88, quando Biagio inizia la prima attività di vendita di materiale culturale: libri, audiocassette, i primi CD audio e i Tamburreddhi*, che acquista dall’allora unico costruttore Mesciu Ninu.
Nel frattempo prende corpo il progetto musicale Arakne Mediterranea, diretto da Giorgio di Lecce, nel quale entrano a far parte sia Biagio che Ada.
A metà degli anni ’90 abbandonano poi il gruppo e fondano l’Associazione Novaracne, dedita al recupero e divulgazione delle tradizioni popolari in tutte le sue forme.
Inizia così la produzione di materiale audiovisivo e cartaceo: Libri, Saggi, CD musicali, ricordando Pizziche Salentine vol. 1&2, Gli Ucci, Robba de Smuju di Uccio Aloisi e altri ancora, e negli anni più recenti di DVD video con estratti sulla notte di San Rocco e su eventi culturali, tutti disponibili nella sezione store del sito.
Contemporaneamente alla nascita di Novaracne Biagio ha già iniziato a realizzare Tamburi a Cornice personalmente, iniziando così l’attività che lo renderà noto ai più.
Nel corso della sua lunga esperienza lavorativa, Biagio ha collaborato attivamente alla realizzazione di diversi eventi musicali lungo tutto lo stivale (Villagio Globale a Roma, San Rocco Festival a Torrepaduli, Il Canto delle Cicale a Felline, Bolzano Etno Festival, e via dicendo) ed ha intrapreso una fitta collaborazione con gruppi di musica tradizionale di tutto il Sud Italia, fra cui spiccano quelle con Uccio Aloisi, Uccio Bandello, Gigi Stifani e Giovanni Avantaggiato, noti con il nome de Gli Ucci (ricordiamo il live a Bologna del ’98, di cui esiste anche un estratto), Alla Bua, Officina Zoé e molti altri.
In quest’ambito degno di particolare nota è il sodalizio artistico-culturale che si è formato con il gruppo Mascarimirì, di longevità ormai decennale.
In quanto figura di artista ed artigiano, Biagio ha effettuato nel corso degli anni una ricerca di carattere tecnico e sui materiali, portando i suoi prodotti ad un livello sempre maggiore, portando lo strumento del tamburo a cornice ad un livello superiore, rendendolo di fatto uno strumento professionale per musicisti.
Recentemente è impegnato in due importanti progetti, La Notte Incanta, insieme alle associazioni Dilinò e Kurumuny, che realizza un salotto letterario durante le tappe a ragnatela della Notte della Taranta, e Tamburello o Tamburreddhu?, con Dilinò e Mascarimirì, una campagna di informazione volta a sensibilizzare e a recuperare lo strumento della tradizione salentina, U Tamburreddhu.
Biagio oggi è uno dei più importanti costruttori di tamburi a cornice d’Europa.

IL TAMBURO A CORNICE

L’origine del tamburo a cornice si perde nell’alba dei tempi ed è strettamente legata alla storia dell’umanità. Di fatto non è possibile ottenerne una tracciabilità.
Le sue origini sono sconosciute, ma se ne ha già traccia più di 6000 anni fa. Vi sono documenti che ne provano l’utilizzo moltissime aree come Grecia ed Egitto.
È probabilmente il più antico strumento utilizzato dall’uomo, difatti, con tutte le sue varianti è presente in ogni punto del globo.
Dall’Europa al Centro e Sud America, dal Nord Africa al Sud-Est Asiatico passando per il Medio Oriente, il tamburo a cornice è lo strumento della tradizione di ogni cultura.

I materiali costruttivi sono anch’essi molto simili: il telaio o cornice è realizzato in legno e generalmente è di forma circolare, piegato grazie all’aiuto del vapore, anche se si trovano esempi di cornice quadrata, come nel caso dell’Adufe portoghese; la pelle invece è di origine animale, conciata in modo da essere ripulita di pelo e grasso, spesso di capra, capretto o pecora, ma vengono utilizzate anche pelli di cammello, pesce, alle volte rettili o asini.
La pelle viene montata sulla cornice da bagnata ed in seguito, asciugandosi acquista la sonorità tipica dello strumento. Nell’ultimo decennio si è diffuso anche l’utilizzo di pelli sintetiche, identificabili per la trasparenza.
La maggior parte dei tamburi presentano una sola pelle su un lato, mentre l’altro è utilizzato per impugnare lo strumento, ma in alcuni casi sono presenti due membrane che chiudono completamente la cornice, che in genere ha al suo interno campanelli o piccoli strumenti metallici che rendono il suono più complesso.
La pelle viene fissata con diversi metodi: colla, chiodi in legno o in ferro, fascetta in legno o nastrino decorativo in cotone.

Particolare interesse ed attenzione merita in questo contesto il Mediterraneo, che, dando i natali a culture come quella greca, latina ed araba, è anche culla di varianti assai diverse.
Le sue forme si presentano assai diverse, ma allo stesso molto affini.
SI passa dal Pandeiro galiziano ai famosissimi Riqq e Bendir nordafricani e maghrebini, dai Dayereh e Daf usati in Persia Zone Balcaniche e Turchia, dall’Adufe portghese ai tamburi tradizionali del sud Italia.

Ed è qui che verte la nostra ricerca.
I tamburi a cornice Italiani e nello specifico il salentino Tamburreddhu.
Il sud Italia ha una tradizione di tamburi a cornice invidiabile e molto ricca e differenziata. In Campania troviamo la Tammorra napoletana, in Calabria il Tambureggiu, e via dicendo.
Purtroppo però tutte queste identità, che sono di fatto una ricchezza culturale, vengono generalizzate e accozzate con l’utilizzo della parola “Tamburello” che descrive dicendo tutto e niente, l’italico tamburo a cornice.
Il nostro obiettivo è invece quello di marcare queste differenze, non per dividere ma per evidenziare una vastità e diversità folklorica. Per questo la campagna “Tamburello o Tamburreddhu?” ha avuto origine.

Scopri di più nella pagina dedicata alla ricerca, Tamburreddhu!

*La parola può essere scritta in diversi modi (una o due r, oppure con o senza h), viste le diverse pronuncie nei vari paesi.